- 18 Gennaio 2023
CALCIO MALATO

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L’inchiesta sui recenti decessi su calciatori che sono stati molto amati, aprono un grande interrogativo su come il calcio sia malato
L’inchiesta sui recenti decessi su calciatori che sono stati molto amati, aprono un grande interrogativo su come il calcio sia malato.
Dopo le morti di Mijhalovic e Vialli per mano di brutte malattie il mondo del calcio si è ritrovato davanti ad uno dei dilemmi che l’ha travagliato nel corso degli anni: il doping.
Vialli e Mihajlovic
Vialli e Mijhalovic sono solo gli ultimi due di una serie di morti dovute a malattie come: tumori, SLA, leucemie oppure arresti cardiaci. Come non possiamo citare Stefano Borgonovo affetto da SLA è morto dopo una lunga battaglia, oppure Pietro Anastasi morto per sclerosi laterale amiotrofica, o ancora Paolo Rossi morto per un tumore ai polmoni… la lista sarebbe lunga ma non faremo un necrologio per rispetto degli stessi defunti.
Dino Baggio e Brambati
Le notizie che balzano agli occhi sono due interviste rilasciate in questa settimana da Dino Baggio e Massimo Brambati. L’ex centrocampista ha detto: “Bisognerebbe risalire a quello che abbiamo preso in quei periodi, bisognerebbe investigare un po’, sulle sostanze prese in quei periodi. Non so se sia dovuto a questo ma c’è sempre stato il doping. Non si sono mai prese robe strane, perché c’è una percentuale che devi tenere. Però con il tempo bisogna vedere se certi integratori fanno bene oppure no”.
Brambati durante il programma sportivo “Processo 7 Gold” ha rincarato la dose dicendo: “Ho timore anch’io: vent’anni fa lo dissi e mi arrivò una lettera della FIGC che mi minacciava. Io, in una società di cui non faccio il nome, prendevo prima della partita il Micoren come se fossero caramelle. All’epoca non era proibito, dopo qualche anno è diventato proibitissimo. Prendevo anche l’amilina, una sostanza non dopante, ma ne avvertivo l’effetto. Non sentivo la fatica, avevo i battiti accelerati e una maggiore prontezza di riflessi”. Queste due interviste sono solo la punta dell’iceberg di una grave situazione creatasi negli anni 90 con la compiacenza, a detta dello stesso Brambati, della stessa Federazione.
Il caso Almeyda
Un’altra testimonianza molto forte proviene dal libro autobiografico di Almeyda, “Alma y vida“, dove scrive: “A Parma ci facevano una flebo prima delle partite. Dicevano che era un composto di vitamine, ma prima di entrare in campo ero capace di saltare fino al soffitto. Il calciatore non fa domande, ma poi, con gli anni, ci sono casi di ex giocatori morti per problemi al cuore, che soffrono di problemi muscolari e altro. Penso che sia la conseguenza delle cose che gli hanno dato”.
Le dichiarazioni riportate devono far riflettere sul caso doping denunciato sin da subito dall’allenatore boemo Zeman. Il quale più volte si è soffermato sul doping e di come il calcio italiano specialmente negli anni ’90 ne fosse così dipendente. All’epoca nessuno gli volle credere dandogli del folle, ma col passare degli anni ci siamo trovati a piangere troppe morti di ex giocatori che avevano ancora una vita davanti. Che sia arrivato il momento di chiarire una volta in più la situazione anche da parte della Federazione perché piangere dopo aver chiuso gli occhi non serve a nulla.